Il faro è uno dei simboli di San Vito lo Capo, di notte la sua luce arriva fino a oltre venti miglia marine è infatti uno dei più importanti in Sicilia. Fu voluto dai Borboni e fu acceso per la prima volta l'1 agosto 1859. La struttura comprende un fabbricato bianco con un piano dedicato all'abitazione del farista a cui è affiancata la Torre del Faro alta 40 metri con lanterna e galleria.
Il museo accoglie argenti, arredi liturgici e opere di arte sacra legate al culto e ai pellegrinaggi in onore di San Vito. Merita particolare attenzione la statua lignea dell' Immacolata, di un ignoto scultore siciliano del XVI secolo, che originariamente si trovava nella tonnara del "Secco". Sono inoltre esposti i doni dei paesi legati alla figura di San Vito. Dall'ampia terrazza si gode uno straordinario panorama proiettato sul mare e sulla cittadina; si può inoltre osservare la forma triangolare della maestosa torre, adiacente all'angolo nord-est del santuario, costruita alla fine del XVI secolo, in difesa dai frequenti attacchi pirateschi.
La tonnara a terra, oggi in disuso, era una struttura a servizio della tonnara a mare, provvista di magazzini per la conservazione delle reti, ripari per le barche e caseggiati per l'alloggio delle ciurme, oltre che di uno stabilimento per la lavorazione del tonno. Le prime notizie ufficiali della tonnara di San Vito risalgono al 1412, quando re Ferdinando permise la pesca del tonno nel mare sanvitese. A pochi metri dall'edificio si trovano i resti di antichissime vasche cetariae, risalenti al IV secolo a. C., nelle quali si lavorava il pesce, anche tonni, per realizzare il pregiato garum (salsa di pesce), molto apprezzato dai Romani.
La torre ‘Mpisu, in posizione isolata, è situata sul pendio scosceso, a mezza costa sul versante nord-ovest. La sua struttura è del tipo definito “camillianeo” dal nome dell'architetto fiorentino Camillo Camilliani che progettò ed edificò diverse torri intorno al 1583 invitato dietro richiesta del viceré perché si rinforzasse la difesa dalle incursioni corsare. Ha pianta quadrata e pochi e semplici divisioni interne oltre una capiente cisterna per raccogliere l'acqua piovana. Attraverso una scala esterna in muratura, di epoca successiva, si accede alla terrazza di copertura. Per la sua posizione elevata doveva essere in comunicazione con le torri di Bonagia e di monte S. Giuliano e probabilmente anche con la torre di Isulidda, sul golfo di Cofano. In stato di abbandono per lungo tempo, è stata di recente restaurata. Erano tre, di regola, i militari addetti alla guardia in ciascuna torre.
Il “Torrazzo” o “torre vecchia” è un torrione a pianta circolare, in muratura di grosse pietre di arenaria a faccia vista, con base a scarpa, di cui è andato perduto il coronamento. Databile tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, fu eretto per iniziativa privata a difesa di un'antica tonnara che veniva calata nel luogo dove oggi sorge il porto peschereccio. Il Torrazzo non fu preso in considerazione nel progetto del circuito di torri di avvistamento del XVI secolo, perché ritenuto troppo basso sul livello del mare e non visibile dalle altre torri.